Gorgonzola D.O.P
Il gorgonzola è un formaggio assai antico, alcuni affermano che il gorgonzola sarebbe stato fatto per la prima volta, nella località omonima alle porte di Milano, nell'anno di grazia 879.
Secondo altri la nascita ebbe luogo a Pasturo nella Valsassina, grande centro caseario da secoli, grazie alla presenza di quelle ottime grotte naturali la cui temperatura media è costante tra i 6°C ed i 12°C e consente, pertanto, la perfetta riuscita del gorgonzola, così come di vari altri formaggi.
La cittadina Gorgonzola, in ogni caso, rimane il centro di maggior fama, se non di maggior produzione o commercio per vari secoli; infatti il primo vero nome del gorgonzola fu quello di "stracchino di Gorgonzola", meglio definito poi dal suo sinonimo di "stracchino verde". In tal contesto, è fuor di dubbio che la sua produzione avvenisse con le mungiture autunnali della transumanza di ritorno dalle malghe od alpeggi.
La diffusione del gorgonzola, per quanto lenta se rapportata ai successi di altri formaggi, fu tuttavia costante almeno per quanto riguarda l'area tra Lombardia e Piemonte: tanto il Pavese quanto il Novarese si aggiungono in modo massiccio a Milano ed al Comasco nella produzione del gorgonzola.
Si prefigura così quello che i decreti del 1955 e del 1977 delimiteranno come zona di produzione e di stagionatura di questo formaggio ormai assurto alla denominazione di origine tutelata.
Dagli inizi del '900 in poi il gorgonzola assapora i suoi crescenti successi soprattutto all'estero, stabilendo un record nelle esportazioni con oltre 100 mila quintali annui di formaggio destinati a Inghilterra, Francia e Germania; mentre il primo paese predilige il gorgonzola bianco di sapore mite e leggermente piccante, francesi e tedeschi richiedono espressamente quello dalla pasta venata e dal gusto marcato, il cosiddetto gorgonzola "a due paste".
Nell'immediato dopoguerra viene messa a punto una nuova tecnica, cioè la lavorazione del gorgonzola ad "una pasta". Gradualmente sostituisce la precedente produzione, assai empirica, sensibilmente più costosa, igienicamente e qualitativamente incostante. I caseifici e le molte latterie disseminate in tutta la pianura padana, raccolgono il latte presso tutte le cascine e producono il formaggio che viene quindi trasportato presso i grandi centri di stagionatura. Negli anni settanta gli oltre 100 caseifici devono necessariamente modernizzare gli impianti produttivi e diversi piccoli produttori, non riuscendo a sostenere le spese, devono lasciare. Rimangono quindi ad oggi circa una trentina di aziende ben strutturate che oltre a lavorare il latte, il gorgonzola lo stagionano nei lori moderni impianti; si distinguono in grandi e medi complessi.
La produzione degli ultimi anni conferma lo spostamento dell'asse produttivo. Tra le tre maggiori provincie produttrici, Novara raccoglie oltre il 45 %, Pavia il 22 % e Milano il 15%. Il resto si divide tra le altre provincie dell'area tipica di produzione e di stagionatura indicata dalle leggi di tutela di denominazione.
____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
TALEGGIO
Un formaggio, una storia
Il Taleggio è un formaggio di origini antichissime, forse anteriori al X secolo. Documenti risalenti al 1200 fanno riferimento ai commerci e agli scambi di cui era oggetto il Taleggio, insieme ad altri formaggi. La zona d'origine è la Val Taleggio, da cui deriva il nome del formaggio, in provincia di Bergamo. I valligiani avendo l'esigenza di conservare il latte eccedente il consumo diretto, iniziarono a produrre del formaggio che, una volta stagionato in "grotte" o casere di vallata, poteva essere scambiato con altri prodotti o commercializzato.
Crescendo sempre più il consumo di Taleggio, la produzione si è progressivamente estesa nella pianura Padana, dove hanno cominciato ad operare molti caseifici, generalmente di piccole e medie dimensioni, i quali sono riusciti ad equilibrare la tecnologia produttiva tradizionale, mantenutasi sostanzialmente la medesima, con le innovazioni tecnologiche susseguitesi in quasi mille anni di storia.
Oggi la zona di produzione e di stagionatura del Taleggio è la Lombardia (nelle provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco , Lodi, Milano, Pavia), il Piemonte (provincia di Novara) e il Veneto (provincia di Treviso).
Il Taleggio è un formaggio di origini antichissime, forse anteriori al X secolo. Documenti risalenti al 1200 fanno riferimento ai commerci e agli scambi di cui era oggetto il Taleggio, insieme ad altri formaggi. La zona d'origine è la Val Taleggio, da cui deriva il nome del formaggio, in provincia di Bergamo. I valligiani avendo l'esigenza di conservare il latte eccedente il consumo diretto, iniziarono a produrre del formaggio che, una volta stagionato in "grotte" o casere di vallata, poteva essere scambiato con altri prodotti o commercializzato.
Crescendo sempre più il consumo di Taleggio, la produzione si è progressivamente estesa nella pianura Padana, dove hanno cominciato ad operare molti caseifici, generalmente di piccole e medie dimensioni, i quali sono riusciti ad equilibrare la tecnologia produttiva tradizionale, mantenutasi sostanzialmente la medesima, con le innovazioni tecnologiche susseguitesi in quasi mille anni di storia.
Oggi la zona di produzione e di stagionatura del Taleggio è la Lombardia (nelle provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco , Lodi, Milano, Pavia), il Piemonte (provincia di Novara) e il Veneto (provincia di Treviso).
A riprova di tradizionalità, il Taleggio è stato riconosciuto formaggio DO (Denominazione di Origine) nel 1988 con decreto D.P.R. 15.9.1988, e formaggio DOP (Denominazione di Origine Protetta) nell'Unione Europea nel 1996 con Regolamento CE 1107/96.
Il Taleggio è, quindi, uno dei formaggi italiani le cui caratteristiche peculiari sono tutelate dall'Unione Europea, ed è per questo che l'approvvigionamento del latte, la produzione e la stagionatura devono avvenire esclusivamente nella zona indicata dalla legislazione italiana e comunitaria.
========================================================================
Era
il companatico "povero" dei cavatori di marmo delle Alpi Apuane, che
lo affettavano sottile e lo accompagnavano al pomodoro per condire le pagnotte
rustiche. Un cibo preparato la mattina presto e destinato a sostenere per tutta
la giornata i lavoratori delle cave, impegnati abitualmente a quasi 2000 metri di quota. Il
"fagottino", insieme all'indispensabile fiasco di vino, doveva
assicurare le calorie necessarie ad affrontare le ripide salite e la fatica
degli scavi.
Il Lardo è il prodotto tipico di Colonnata, piccolo borgo ancorato su uno sperone tra le cave marmifere intorno a Carrara. La sua stagionatura, la cui origine risale intorno all'anno Mille, avviene per un periodo tra i sei e i dieci mesi in speciali conche di marmo che si trovano in cantine o grotte scavate nella roccia. L'umidità naturale delle grotte e la porosità del marmo stabiliscono condizioni ideali per la maturazione. Le pareti delle conche vengono strofinate con aglio e il fondo ricoperto di sale marino, erbe e spezie. Il Lardo si immette nelle conche in blocchi rettangolari la cui altezza può variare dai 3 agli8
centimetri . Tra uno strato e l'altro si sistema una
speciale salamoia composta di sale marino in grani, pepe nero macinato,
rosmarino, aglio fresco e sbucciato spezzettato grossolanamente. Se questi sono
gli ingredienti tassativi, largo spazio è lasciato alla ricetta che si tramanda
di generazione in generazione in ciascuna famiglia di produttori e che viene
conservata gelosamente. Tra le spezie e le erbe aromatiche che possono
conferire al Lardo di Colonnata il suo particolare sapore anche cannella,
coriandolo, noce moscata, chiodi di garofano, anice stellato, origano e salvia.
Al momento dell'estrazione si presenta di aspetto grigio-nero nella cotenna che lo ricopre. All'interno il Lardo è di colore bianco-rosato, qualche volta con la particolare "striscia" rosa che ne aumenta la bellezza e ne rende più intenso il gusto. I pezzi variano dai 4 agli8 centimetri di
spessore per un peso da 0,5 a
1 kg .
Il profumo è fragrante e ricco di aromi mentre il gusto è delicato, quasi dolce, finemente sapido se proviene dalla zona delle natiche, arricchito dalle erbe aromatiche e dalle spezie usate nella lavorazione. Si consuma ripulito dalla cotenna e dagli eventuali residui di sale, tagliato in fettine sottilissime adagiate su pane fresco, scaldato o appena abbrustolito. Ideale accompagnamento sono, come per i cavatori di un tempo, il pomodoro e la cipolla crudi, senza alcun ulteriore condimento. In alternativa può essere servito su pietanze calde, di carne o di pesce. Il sale della cotenna è ottimo per insaporire arrosti e grigliate, mentre la cotenna può essere cotta alla griglia o lessata per insalate di legumi e zuppe.
Il Lardo è il prodotto tipico di Colonnata, piccolo borgo ancorato su uno sperone tra le cave marmifere intorno a Carrara. La sua stagionatura, la cui origine risale intorno all'anno Mille, avviene per un periodo tra i sei e i dieci mesi in speciali conche di marmo che si trovano in cantine o grotte scavate nella roccia. L'umidità naturale delle grotte e la porosità del marmo stabiliscono condizioni ideali per la maturazione. Le pareti delle conche vengono strofinate con aglio e il fondo ricoperto di sale marino, erbe e spezie. Il Lardo si immette nelle conche in blocchi rettangolari la cui altezza può variare dai 3 agli
Al momento dell'estrazione si presenta di aspetto grigio-nero nella cotenna che lo ricopre. All'interno il Lardo è di colore bianco-rosato, qualche volta con la particolare "striscia" rosa che ne aumenta la bellezza e ne rende più intenso il gusto. I pezzi variano dai 4 agli
Il profumo è fragrante e ricco di aromi mentre il gusto è delicato, quasi dolce, finemente sapido se proviene dalla zona delle natiche, arricchito dalle erbe aromatiche e dalle spezie usate nella lavorazione. Si consuma ripulito dalla cotenna e dagli eventuali residui di sale, tagliato in fettine sottilissime adagiate su pane fresco, scaldato o appena abbrustolito. Ideale accompagnamento sono, come per i cavatori di un tempo, il pomodoro e la cipolla crudi, senza alcun ulteriore condimento. In alternativa può essere servito su pietanze calde, di carne o di pesce. Il sale della cotenna è ottimo per insaporire arrosti e grigliate, mentre la cotenna può essere cotta alla griglia o lessata per insalate di legumi e zuppe.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Lenticchia
di Ustica
Sicilia
Su una piccola isola siciliana crescono le lenticchie più piccole d’Italia. Di colore marrone scuro con sfumature delicate verdoline, sono coltivate da sempre sui terreni lavici e fertili di Ustica e da sempre la tecnica è completamente manuale. Si seminano a gennaio e si raccolgono nella prima metà di giugno. Le tecniche di coltivazione sono fatte nel rispetto dell’ambiente e della natura, difatti non si utilizzano né concimi, né erbicidi di sorta: le erbette infestanti si tolgono con una zappetta.
Le piantine si lasciano seccare nel campo, si sradicano e si fanno tanti covoni che vengono sistemati nell’aia e battuti. La spagliatura, in passato, si faceva ancora come mille anni or sono: le piantine si calpestavano trascinando grosse pietre con gli asini e, con un tridente, si lanciavano in aria in modo che il vento di Ustica separasse la paglia dalle lenticchie. Con la nascita del Presidio è stata introdotta sull’isola la trebbia che rende l’operazione un po’ meno suggestiva, ma molto più comoda e funzionale: in pratica si svolge in poche ore lo stesso lavoro che prima impegnava una famiglia per due intere giornate. Cibo povero per eccellenza, le lenticchie di Ustica sono un ingrediente fondamentale della cucina locale. Le due ricette classiche sono la zuppa, arricchita con le verdure locali e profumata con basilico o finocchietto selvatico, e pasta e lenticchie, preparata con gli spaghetti spezzati. Tenere e saporite, sono un cibo facile da cucinare: non hanno bisogno di ammollo e cuociono in appena tre quarti d’ora.
Su una piccola isola siciliana crescono le lenticchie più piccole d’Italia. Di colore marrone scuro con sfumature delicate verdoline, sono coltivate da sempre sui terreni lavici e fertili di Ustica e da sempre la tecnica è completamente manuale. Si seminano a gennaio e si raccolgono nella prima metà di giugno. Le tecniche di coltivazione sono fatte nel rispetto dell’ambiente e della natura, difatti non si utilizzano né concimi, né erbicidi di sorta: le erbette infestanti si tolgono con una zappetta.
Le piantine si lasciano seccare nel campo, si sradicano e si fanno tanti covoni che vengono sistemati nell’aia e battuti. La spagliatura, in passato, si faceva ancora come mille anni or sono: le piantine si calpestavano trascinando grosse pietre con gli asini e, con un tridente, si lanciavano in aria in modo che il vento di Ustica separasse la paglia dalle lenticchie. Con la nascita del Presidio è stata introdotta sull’isola la trebbia che rende l’operazione un po’ meno suggestiva, ma molto più comoda e funzionale: in pratica si svolge in poche ore lo stesso lavoro che prima impegnava una famiglia per due intere giornate. Cibo povero per eccellenza, le lenticchie di Ustica sono un ingrediente fondamentale della cucina locale. Le due ricette classiche sono la zuppa, arricchita con le verdure locali e profumata con basilico o finocchietto selvatico, e pasta e lenticchie, preparata con gli spaghetti spezzati. Tenere e saporite, sono un cibo facile da cucinare: non hanno bisogno di ammollo e cuociono in appena tre quarti d’ora.
Stagionalità
Le
lenticchie si raccolgono nel mese di giugno, il prodotto essiccato può essere
reperito tutto l’anno.
ORIGINI E CARATTERISTICHE DELLA CAPRA
Il suo nome deriva da Girgenti (oggi Agrigento) ed è assolutamente inconfondibile per le lunghissime corna a spirale (o a turacciolo). Il pelo e le corna ricordano soggetti asiatici ancora viventi allo stato selvatico e la sua origine, secondo alcuni, va ricercata fra le capre del Tibet (nella zona dell'Himalaya). Altri la ricollegano alla Mark-hor, detta anche Falconeri, dal nome di Falconer, il naturalista inglese che per primo la notò nell'Afghanistan settentrionale e nel Belucistan. L'importazione dei primi soggetti asiatici è attribuita agli Arabi (nell'800 d.C.), quando toccarono il porto di Marsala per diffondersi nel versante sud-occidentale della Sicilia. È una capra di taglia media con pelo lungo, folto e bianco, talvolta maculato. Sul mento ha una barbetta e, sulla fronte, un ciuffo folto, che gli allevatori tagliano “a frangetta” (con l'eccezione del caprone). La bellezza di questo animale è legata innanzitutto alla presenza di corna in entrambi i sessi: corna erette e unite alla base, che nei maschi possono raggiungere i
IL TOMINO DI CAPRA
I prodotti dal latte di capra si distinguono notevolmente da quelli prodotti con latte vaccino, laddove la percentuale di carboidrati (lattosio) è simile, fondamentali sono invece le differenze riguardo le quantità ma soprattutto la qualità dei grassi e delle proteine. Il formaggio di capra infatti è molto diffuso per le sue caratteristiche nutrizionali, essendo composto da un'elevata percentuale di acqua, è indicato nei regimi dietetici ipocalorici e a basso contenuto di colesterolo. Contiene 230 calorie ogni 100g. Per lo stesso motivo i formaggi prodotti dal latte di capra sono formaggi freschi non adatti alla lunga stagionatura. La lavorazione del latte avviene due volte al giorno, il latte viene cagliato con caglio di vitello scaldato lentamente e poi una volta ottenuta la cagliata essa viene pressata a mano per ottenere una pasta ben compatta. La salatura si effettua a mano o in salamoia.
Ragusano DOP
Le origini: uno dei primi formaggi siciliani
Il Ragusano DOP è uno dei formaggi più antichi prodotti in Sicilia. Si trovano testimonianze della presenza del Ragusano nella storia siciliana a partire già dal 1500: il fiorente commercio di questo prodotto fu oggetto di una riduzione dei dazi nel 1515, come si legge nell'opera “Ferdinando il Cattolico e Carlo V” di Carmelo Trasselli.
Il sapore: aromatico e leggermente piccanteIl Ragusano DOP è uno dei formaggi più antichi prodotti in Sicilia. Si trovano testimonianze della presenza del Ragusano nella storia siciliana a partire già dal 1500: il fiorente commercio di questo prodotto fu oggetto di una riduzione dei dazi nel 1515, come si legge nell'opera “Ferdinando il Cattolico e Carlo V” di Carmelo Trasselli.
Il Ragusano DOP ha un sapore molto gradevole, aromatico e dolce quando il formaggio è giovane, che diviene via via più piccante al prolungamento del periodo della stagionatura. Il Ragusano DOP è molto utilizzato nella preparazione di piatti tipici della gastronomia siciliana.
La produzione: l'importanza delle stagioni
Il Ragusano DOP è un formaggio a pasta filata prodotto con latte di vacca intero crudo. La sua produzione è limitata alle stagioni in cui i pascoli dell'altopiano Ibleo sono particolarmente rigogliosi. Ogni forma di Ragusano DOP ha un peso che si aggira tra i 1o e
Il procedimento per la produzione del Ragusano DOP segue un'antica tradizione che oggi viene osservata attentamente dai produttori. Per la realizzazione di questo formaggio si lascia coagulare il latte di una o più mungiture, assecondando lo sviluppo naturale della microflora.
Per favorire la coagulazione viene aggiunto il caglio in pasta di capretto o agnello, insieme all'acqua e sale. La quantità di soluzione deve essere tale da permettere l'indurimento della pasta in un tempo compreso tra sessanta e ottanta minuti. La cagliata viene poi ridotta in piccoli pezzi utilizzando la “iaruozzu”, un'asta di legno che termina con un disco, e si sottopone a pressatura per favorire la spugnatura.
La pasta trattata con il liquido della ricotta o acqua ad
Successivamente si effettua una seconda cottura sempre a 80°C e la cagliata viene lasciata a riposare per venti ore, il tempo necessario ad ottenere il giusto grado di acidità. Dopo la fermentazione, la pasta densa viene tagliata a fette e posta nel setaccio, dove viene trattata con acqua calda per farla filare, per un tempo non superiore agli otto minuti.
Il prodotto viene poi raccolto in contenitori in legno detti “mastredde”, che danno al Ragusano DOP la sua caratteristica forma di parallelepipedo. Le forme vengono calate in salamoia per ottenere la salatura, dove restano a da due a otto giorni, a seconda del loro peso.
La stagionatura del Ragusano DOP avviene nei “maiazzè”, locali solitamente interrati, umidi e ventilati, dove la temperatura è compresa tra i 14° e i 16°. Le forme vengono legate in coppia e messe a cavallo di appositi sostegni per garantire l'areazione perfetta di ogni parte del formaggio.
Per le forme di Ragusano DOP destinate a lunghe stagionature è prevista la cappatura con olio d'oliva. Il formaggio viene lasciato maturare per un periodo di tempo che varia dai quattro mesi ad un intero anno.
La stagionatura del Ragusano DOP avviene nei “maiazzè”, locali solitamente interrati, umidi e ventilati, dove la temperatura è compresa tra i 14° e i 16°. Le forme vengono legate in coppia e messe a cavallo di appositi sostegni per garantire l'areazione perfetta di ogni parte del formaggio.
Per le forme di Ragusano DOP destinate a lunghe stagionature è prevista la cappatura con olio d'oliva. Il formaggio viene lasciato maturare per un periodo di tempo che varia dai quattro mesi ad un intero anno.
Un Caciocavallo dalla forma inusuale
Il Ragusano DOP era originariamente conosciuto con il nome di Caciocavallo, il formaggio così chiamato perché messo ad asciugare a cavallo di un'asse. Il Ragusano DOP però non ha la caratteristica forma arrotondata del caciocavallo, ma si presenta come un parallelepipedo di colore giallo. Proprio per questa sua forma molto particolare, il Ragusano DOP è “Scaluni”, cioè “scalone”, o “quattro facci” per la sua somiglianza con i mattoni.
Il Ragusano DOP era originariamente conosciuto con il nome di Caciocavallo, il formaggio così chiamato perché messo ad asciugare a cavallo di un'asse. Il Ragusano DOP però non ha la caratteristica forma arrotondata del caciocavallo, ma si presenta come un parallelepipedo di colore giallo. Proprio per questa sua forma molto particolare, il Ragusano DOP è “Scaluni”, cioè “scalone”, o “quattro facci” per la sua somiglianza con i mattoni.
Abbinamento: ottimo con i vini tipici siciliani
Il Ragusano DOP giovane si accompagna molto bene ai vini bianchi, mentre quanto è stagionato esalata il suo sapore se gustato con vini rossi. E' particolarmente adatto ad accompagnare i vini tipici siciliani come Nero d'Avola, Merlot, Syrah, e il Cerasuolo di Vittoria.
Il Ragusano DOP giovane si accompagna molto bene ai vini bianchi, mentre quanto è stagionato esalata il suo sapore se gustato con vini rossi. E' particolarmente adatto ad accompagnare i vini tipici siciliani come Nero d'Avola, Merlot, Syrah, e il Cerasuolo di Vittoria.
Nessun commento:
Posta un commento